Percezioni
16 Dicembre
Pablo Picasso
Spesso mi sono chiesta – Cos’è la felicità? –
Che differenza c’è tra l’essere contento e
l’essere felice? – Ho sempre pensato che la
felicità doveva essere qualcosa di grandioso,
straordinario, una sensazione sconosciuta,
mai provata,….
Qualche tempo fa ho fatto un sogno, nel sogno
ho rivissuto, un momento di vita vissuta.
Ero giovane 18-20 anni, mi trovavo nella casa
dove ho vissuto fino al matrimonio, ero nella
stanza che chiamavamo tinello, mia mamma
( che è morta da 37 anni) era seduta su una
poltroncina in un angolo, stava lavorando con
l’uncinetto come usava fare, io d’impeto come
spesso mi succedeva, sono andata sedermi
sulle sue ginocchia, la tenevo abbracciata
stretta, però stavo sollevata per paura di
schiacciarla, lei era piccola ed esile”
D’improvviso mi sono svegliata, mi sembrava
che il cuore mi scoppiasse, un emozione
sconvolgente, sensazionale, meravigliosa,
forte, indescrivibile, scioccante….
Si era questa la felicità, spesso la teniamo
tra le braccia e non la riconosciamo…
Febbraio 2015
Cadoneghe
Oggi ho sentito papa Francesco che diceva ai nuovi cardinali… voi non entrate in una Corte….
…..in me è riemerso il ricordo di un momento molto lontano…. e quasi in modo divertito mi sono detta, io si che sono entrata in una corte… Si chiamava Corte Ghedini, erano nove abitazioni unite, non separate da reti o recinzioni, tutte le porte si aprivano in un unico cortile, appunto la Corte Ghedini. Come ci sono arrivata? Credo fosse il 1940, abitavamo a Padova in via “ delle rose “, cominciava la guerra. Eravamo cinque fratelli io la più piccola, per vari motivi bisognava lasciare la città, andare in un posto sicuro…. siamo arrivati di sera buio , lungo l’argine del Brenta, forse eravamo arrivati con il tram da Pontevigodarzere. Siamo entrati in questa casa buia, non c’era la luce elettrica. Abbiamo cenato al lume di candela, sopra un cassettone, ricordo abbiamo mangiato pomodori conditi in insalata e uova sode. Era settembre non faceva freddo, bisognava prepararsi per la notte, ma dov’è l’acqua? Dov’è il bagno? E’ tutto buio pesto. – Questa notte vai a dormire così come sei, domani cercheremo tutto. – Non ricordo dove ho dormito, avevo cinque o sei anni, a quell’età si dorme anche per terra. Quando mi sono svegliata c’era il sole, mi sono vestita in fretta perchè ero ansiosa di vedere dove eravamo andati ad abitare, prima di uscire bisognava lavarsi, ma dove ci si lava? dov’è il lavandino? Dov’è l’acqua? Bisognava pescarla con un secchio legato ad una catena, in fondo ad un pozzo. Non c’erano i servizi igienici,bisognava uscire, il gabinetto era a circa 50 metri, era uno stanzino di un metro quadrato, con due pietre per appoggiare i piedi, ci si serviva in due famiglie, non c’era mai la carta, bisognava ricordarsi di prenderla prima di uscire, ma bisognava trovarla. Per fare colazione bisognava andare dai contadini con un pentolino, ti davano il latte appena munto. Per scaldare il latte non c’era il fornello a gas, bisognava accendere il fuoco con la legna. Dopo una gran confusione , non so come, sono riuscita ad uscire e vedere dove ero arrivata.
Sorpresa!!! Mi sono trovata dentro un immenso cortile, in un gran vociare allegro di bambini che si rincorrevano, donne sedute davanti all’uscio che conversavano ad alta voce, chi sgranava fagioli, chi faceva la calza, chi sbucciava patate, chi lavava i panni. Accanto alla mia porta un bambino sul seggiolone balbettava allegro agitando un cucchiaio, mangiava il riso da solo, l’aveva sparpagliato tutt’intorno, ne aveva anche sui capelli… e meraviglia delle meraviglie delle bambine che giocavano a casetta… impastavano la terra con l’acqua senza paura di sporcarsi e ne facevano delle torte… sono rimasta estasiata e felice… ero arrivata nel “ Paese dei Balocchi!!!”
Col senno di poi penso: – i bambini fanno un gioco di tutto, ma la mia povera mamma, nata e vissuta a Venezia, cosa avrà provato? Come si sarà sentita? In quale disagio? Una volta l’ho sentita dire – mi hai portato nel paese dove si è perso il signore – Papà ha risposto- Quando ti ho detto “ io non posso darti grandi cose” ricordi la tua risposta? Mi hai detto: – Anche sotto un ponte ma con te ! – ….
22 Agosto 2011
Questa mattina durante la passeggiata
ho visto una bambina, non ancora di età scolare,
con la fronte appoggiata al cancello di casa sua,
che piangeva forte, un pianto sconsolato,
mi sono fermata e le ho chiesto cosa fosse successo;
piangendo mi rispose:” voglio andare in braccio
alla mamma”
Per consolarla le dico :- io sono una nonna,
se vuoi ti tengo in braccio-
Lei gridando ancora più forte :- Voglio andare
in braccio alla mia mamma!
Intanto esce di casa piangendo un fratellino
più piccolo,dietro a lui la mamma,
allora ho capito la mamma ha messo giù
il piccolo per prendere lei…
Ho continuato la passeggiata, ma con l’animo
pesante, un nodo di pianto mi stringeva la gola.
Non riuscendo a scioglierlo ho cominciato a
chiedermi perchè?
Con il pensiero sono andata a ritroso
fino alla mia infanzia…
Mi sono vista seduta in un angolo di sedia,
con la fronte appoggiata allo schienale,
ero triste, forse piangevo…
Ho sentito la voce di mia mamma che chiedeva
a qualcuno :- ma cos’hà questa bambina
quando fa così?…
Eravamo in tempo di guerra, ero l’ultima di
cinque figli, la città cominciava essere pericolosa
ci saranno i bombardamenti, bisognava cercare
un posto sicuro…lontano…in campagna…
c’era la disoccupazione… quanti problemi…
Ma un bimbo che ne sa?
E mi chiedo:- Come mai dopo tanti anni
tornano a galla certi pensieri?
Queste non so se chiamarle privazioni,
lasciano forse un segno che ci portiamo
dentro finchè viviamo?
2 febbraio 2011
Sale dalla cucina un effluvio di
aromi,odo il battito ritmato
del pesto sul tagliere,
il cigolio del secchio nel pozzo…
In cortile vociare allegro di bambini…
Lontano annunci festosi di galline…
Passi amati e lenti salgono le scale,
Una voce cara – Come stai? –
la bocca si appoggia dolcemente
sulla fronte…
Apro gli occhi…
E’ la mente che va a ritroso
tra i ricordi d’infanzia…
25 Aprile 2015
Corte Ghedini
E’ bello trovare ora l’amicizia che non eri riuscito costruire molti anni prima, chissà perchè, forse per timidezza, paura dei pettegolezzi o per quei tabù di allora, che ti convincevano che era sconveniente l’amicizia tra i due sessi. Ora è diverso… quando s’invecchia si torna bambini…dicevo siamo tornati bambini, i bambini non hanno preconcetti, stanno insieme perchè si divertono, parlano di tutto, senza paura di secondi fini, di venire fraintesi, è molto bello godere di questa libertà. Allora si parlava del futuro e lo si temeva…ora il futuro è già stato, sappiamo già come è andata e parliamo appunto di quello che è stato e torniamo col pensiero là dove eravamo, timidi, inesperti, paurosi… con tante remore ora superate…o no? No, abbiamo comunque dei freni.
In Corte no, non c’erano timidezze, paure, in Corte si era in famiglia, maschi e femmine eravamo come fratelli, ora come allora quando ci si ritrova si continua il discorso lasciato sospeso dieci anni fa. Vado spesso a cercare in ciò che rimane della Corte, qualcosa che mi manca e che non trovo. Camille Claudel dice “ C’è sempre qualcosa di assente che ci perseguita.”
Mi piace fare un gioco:- chiudo gli occhi e vado a ritroso, allora sì che ritrovo tutto al loro posto, trovo la panca di marmo incassata nel muro, dove alla sera dopo cena si usciva e si andava a sedersi, ci si stringeva per starci tutti, si arrivava uno alla volta e ci si sedeva in silenzio per non disturbare chi stava raccontando la favola, le favole erano sempre le stesse e si trovava subito il filo del discorso. Poi arrivavano le lucciole e si faceva la gara a chi ne prendeva di più. Di giorno invece si giocava a bandiera, era molto bello quel vociare allegro di bambini, non so se lo sogno ma lo risento spesso quando faccio silenzio. Si giocava a campana, a saltalamussa, a pindolo, a nascondino,a me con tanto disappunto di mia mamma, piaceva giocare a mago, si doveva mirare una pietra e con un sasso colpirla, un gioco da maschiacci. A volte rivedo attorno al tavolo grande del tinello i compagni di classe delle elementari che venivano fare i compiti, a me piaceva fare i problemi e mi venivano facili. Spesso mi piace andare fare compagnia a l’anziano Gigio che abitava nella porta accanto alla mia, mi siedo vicino al suo focolare mentre lui si cuoce il cibo, viveva da solo, lui parlava poco, ma a me raccontava molte cose, anche che la carne del gatto è molto saporita, più buona di quella del coniglio lui mangiava sempre con il gatto sulle ginocchia. Quando alla sera salgo le scale per andare a dormire, sento lui di là del muro che tossisce, io gli grido: – Notte Gigio!!! – e lui risponde :- note note tosa!!!- Mi diverte anche correre tra le aiuole del giardino all’italiana, curato molto bene dal mio papà artista. Quando entro in giardino mi imbatto subito nel grande ciliegio, il suo fusto era proprio in mezzo alla rete di confine che ci divideva dalla famiglia accanto, lo vedo come una nuvola bianca, con tutti i suoi fiori, bellissimo. Altre volte tutto rosso, carico di gustose ciliege. Spesso c’è qualcuno appollaiato sopra, che si mangia le ciliege e ci schizza i noccioli… qualche volta cerca le ciliege gemelle e le lancia a noi bambine che ce le mettiamo a mò di orecchini… ora sento il fresco delle ciliege sulle guance… ne sento il profumo… sento la voce delle bambine amiche che ridono… Ora è difficile tornare alla realtà, sono sommersa da tanti cari ricordi… nostalgie che fanno quasi male… e qualche rimpianto per quello che abbiamo perso o lasciato strada facendo. E’ difficile aprire gli occhi per tornare alla realtà e capisci che erano quelli “ i bei tempi “ quando il niente bastava per essere contenti.
Giochiamo a nascondino? – Si ma se ti trovo ti dò un bacio – Se non mi trovi sono dietro la porta
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22 Settembre 2011
Non ti ho amato per noia, o per solitudine
o per capriccio
Ti ho amato perchè il desiderio di te era più
forte di qualsiasi felicità.
E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza
grande per tenere insieme tutto quello che riesce
ad immaginare il desiderio.
Ma non ho cercato di fermarmi nè di fermarti
sapevo che lo avrebbe fatto lei
E lo ha fatto: è scoppiata
tutta di un colpo.
A Baricco
Perchè è così che ti frega la vita
ti piglia quando hai ancora l’animo
addormentato e ti semina dentro un’immagine o
un odore, o un suono, che poi non te lo togli più
E quella li era la felicità,
lo scopri dopo, quando è troppo tardi.
E già sei per sempre un esule
a migliaia di kilometri da quell’immagine
da quel suono da quell’odore.
Alla deriva.
A Baricco
10 Novembre 2011
Vladimir Gusev
Alcuni giorni fa, ho letto un aforisma di
Henry Louis Mencken “ La coscienza è quella
voce interiore che ci avverte della possibilità
che qualcuno ci stia guardando “.
Dopo un attimo di riflessione, ho sentito
riemergere alla memoria, un ricordo sepolto
da circa sessant’anni. Ho rivisto come in un film
una scena………. avevo circa 16 o 17 anni, (oggi ne
ho 77 abbondanti) facevo parte della corale
parrocchiale, mi trovavo in chiesa, sù dove c’era
l’organo, si cantava la Messa, allora in latino, ero
attenta, concentrata con gli occhi sul libro dei
canti. Qualcosa, una forza che non so, ha fatto
sì che alzassi lo sguardo verso una certa
direzione - ho incontrato gli occhi verdi di un
ragazzo coetaneo, che mi guardavano in un modo
mai conosciuto prima. - Quello che provai non lo
so descrivere, ma ricordo che mi tremarono le
ginocchia e credevo di cadere………
Concordo con l’autore dell’aforisma, che dice: la
coscienza è una voce che ci avverte…..
Ora però mi sorge un dubbio: era la mia
coscienza che mi avvertiva, o era la sua che
mi chiamava con più forza ???
Ho sceso
ho sceso
dandoti il braccio
almeno un milione di scale
e ora che non ci sei
è il vuoto ad ogni gradino
anche così è stato breve il
nostro lungo viaggio
il mio dura tutt’ora
nè mi occorrono le coicidenze
le prenotazioni le trappole gli scorni
di chi crede che la realtà
sia quella che si vede.
Ho sceso un milione di scale
dandoti il braccio
non già perchè con quattr’occhi
forse si vede di più
con te le ho scese perchè sapevo
che di noi due le vere pupille
sebbene tanto offuscate erano le tue
Eugenio Montale.
Ascolto il tuo respiro che labile e distrutto
del mio cuore sempre farà parte,
che della mia anima sarà sempre il punto
più nascosto, il mio pensiero più proibito,
il mio sogno ormai infranto.
Ascoltando il tuo respiro io muoio
e pensando a te sorrido,
nel dolore atroce della morte.
Anonimo
Mi sveglio e tu sei lì al mio fianco
nella notte,
Mi tocchi e calmi le mie paure
trasformi l’oscurità nella luce.
Mi sveglio e ti vedo lì
di fianco a me come prima.
Un tuffo al cuore trovandoci vicino.
Sentirti vicino ancora una volta
Sentire il tuo amore
ancora una volta.
La tua forza mi ha reso forte
anche se la vita ci ha separati.
Ed ora quando la notte sembra buia
il tuo amore brilla nel mio cuore.
9 Gennaio 2014
Raccontami del destino che ti ha voluto
dimmi del sogno che ti ha ingannato.
Parlami del tuo lasciarti vivere,
ascolterò in silenzio.
Guarderò i tuoi occhi tingersi di rugiada
amerò il tuo sguardo di malinconia
Asciugherò le tue lacrime accarezzerò
il tuo volto. Prenderò il tuo fardello di dolori
Ti porterò un canestro di di nuove gioie
Dipingerò per te nel cielo un universo nuovo
La sera scenderà leggera e
l’ultimo raggio di sole
accarezzerà i nostri capelli bianchi.
Giancarlo Piccoli.
Vladimir Volegov
Riuscire a descrivere a parole, le riflessioni
che ci accompagnano segretamente giorno
dopo giorno, a volte dietro un finto
spensierato e incosciente sorriso, o dietro
una frase… una battuta…
Ricordi nostalgie rimpianti attese delusioni,
sentimenti e risentimenti…
cacciati e pressati in fondo all’anima…
ma che riemergono puntuali nei lunghi silenzi
e sono silenzi “rumorosi” “assordanti”
che graffiano l’anima…
Anonimo
La vita non sempre fa male,
può stracciarti le vele,rubarti il timone.
ammazzarti i compagni a uno a uno,
giocare ai quattro venti con la tua zattera,
salarti seccarti il cuore
come la magra galletta che ti rimane,
per regalarti nell’ora
dell’ultimo naufragio
nelle tue vergogne di vecchio
i grandi occhi,il radioso
innamorato stupore,
di Nausicaa.
Gesualdo Bufalino
Ago 23, 2011 @ 09:17:29
A volte penso che con l’andare degli anni la nostra schiena s’incurvi sotto il peso dei “baci non dati” e degli “abbracci non ricevuti”; quei gesti d’affetto che avremmo potuto dare e ricevere ma di cui, per qualche inspiegabile motivo, ci siamo privati. Non ricordo d’aver mai chiesto a mia madre un abbraccio, né di averle mai detto: “Posso darti un bacio?”, ci si limitava a quelli “convenzionali” del compleanno, del Natale, della buona notte (quest’ultimo solo nella prima infanzia).
Ago 23, 2011 @ 12:43:32
Hai ragione, oggi sento sulla schiena il peso dei baci non dati………mi hai fatto ricordare il bacio della buona notte…….fingevo di dormire per sentire il suo bacio lieve sulla mia fronte………il ricordo mi emoziona ancora.
Grazie Annita.